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La Rete Natura 2000

A partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo, il concetto di biodiversità e le problematiche relative alla sua progressiva riduzione sono diventati oggetto di numerose convenzioni internazionali. Per la prima volta l'approccio conservazionistico viene indirizzato non solamente alle singole specie minacciate, ma anche, in senso lato, alla complessità biologica, in tutte le sue componenti (genetica, di specie e di ecosistemi). Le conoscenze scientifiche del settore più recentemente acquisite hanno infatti evidenziato la necessità di mettere a sistema le risorse naturali, piuttosto che isolarne singole porzioni o addirittura le sole specie meritevoli di tutela.
Trova origini in questo contesto la Direttiva comunitaria 92/43/CEE, meglio nota come "Direttiva Habitat", principale documento di riferimento per la conservazione della biodiverità nel continente europeo insieme alla Direttiva "Uccelli" (79/409/CEE). L'approccio della Direttiva 92/43/CEE prevede che la diversità ambientale debba essere conservata tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali: ciò costituisce un'altra forte innovazione nella politica del settore in Europa. In altre parole, la Direttiva vuole favorire l'integrazione della tutela di habitat e specie animali e vegetali con le attività economiche e con le esigenze sociali e culturali delle popolazioni che vivono all'interno delle aree Natura 2000. La Rete non è dunque intesa per creare santuari naturali in cui qualsiasi attività umana sia sistematicamente proibita, ma al contrario viene riconosciuto che la tutela della biodiversità dei siti designati possa richiedere il mantenimento o la promozione di attività antropiche.

 

Come è ben noto anche nel contesto alpino italiano, alle aree agricole, per esempio, sono legate numerose specie animali e vegetali ormai rare e minacciate, per la cui sopravvivenza è necessaria la prosecuzione e la valorizzazione delle pratiche tradizionali, in grado di giocare un ruolo fondamentale in termini conservazionistici.
Tuttavia, le attività antropiche devono essere compatibili con gli obiettivi di conservazione dei siti e devono essere valutate per verificare eventuali interferenze negative sugli stessi e sulle loro risorse, al fine di evitare qualsiasi tipo di degrado degli habitat o di minaccia delle specie identificate. Per tale motivo, qualsiasi piano o progetto che possa esercitare incidenze significative su un sito "Natura 2000" deve tener conto del valore naturale che ha portato al suo inserimento nella rete: è pertanto necessario sottoporre i progetti previsti ad una adeguata "valutazione dell'incidenza", da effettuarsi sugli obiettivi di conservazione del sito. Nulla impedisce alle autorità nazionali di autorizzare l'attività qualora i risultati della valutazione non indichino impatti negativi sul sito. In caso contrario, e in mancanza di soluzioni alternative, l'attività interessata potrà essere esercitata sul sito solo se essa viene dichiarata di "rilevante interesse pubblico". Lo Stato membro adotta in tal caso tutte le misure compensative necessarie e ne informa la Commissione europea. Se un sito ospita habitat o specie prioritari, soltanto considerazioni connesse con la salute umana e la sicurezza pubblica o con l'ambiente possono giustificarne l'autorizzazione. Qualora vengano addotti altri motivi di rilevante interesse pubblico va richiesto in merito il parere della Commissione.

La Rete Natura 2000 nell'area protetta regionale include 2.070 ettari, pari a circa il 37% della superficie totale del Parco. Due sono i Siti di Importanza Comunitaria presenti: l'uno è il S.I.C. "Grigna settentrionale" (IT2030001) l'altro è l'IT2030002, denominato "Grigna meridionale", una è la Zona di Protezione Speciale (IT2030601) "Grigne".
Il Sito di Importanza Comunitaria "Grigna settentrionale" IT2030001.
Il S.I.C. "Grigna settentrionale" è stato individuato con D.G.R. n. VII/14106 del 12 settembre2003; successivamente, con D.G.R. n. VIII/1876 del 8 febbraio 2006 sono stati rettificati i confini con minime variazioni, rendendoli conformi ad alcuni limiti amministrativi, ed è stato aggiornato il Formulario Standard nella versione attualmente disponibile.
La sua gestione è stata affidata dapprima interamente alla Comunità Montana Valsassina,Valvarrone, Val d'Esino e Riviera, con D.G.R. VII/18453 del 30 luglio 2004, poi dalla Legge Regionalen. 11 del 2 marzo 2005, istitutiva del Parco regionale della Grigna settentrionale, all'Ente amministratore dell'area protetta per la porzione compresa entro i suoi confini, mentre per la rimanente la responsabilità è stata attribuita all'Amministrazione provinciale di Lecco. Sono in tal modo identificabili due settori, sufficientemente distinti anche geograficamente, l'uno di 990 ettari che si estende a settentrione della Cresta di Piancaformia, l'altro di 630 ettari circa che ricade a meridione della stessa.

Il Formulario Standard, documento, che elenca le peculiarità di quest'area e gli elementi sottoposti a protezione, è scaricabile in formato Pdf direttamente da questo Sito, oppure sul sito web della Regione Lombardia al Link www.ambiente.regione.lombardia.it/ , ove sono disponibili anche i dati riferibili all'ultimo monitoraggio effettuato sugli habitat e le specie.